Alla ricerca dell’umano: tra fragilità e bellezza

Questo file è licenziato in base ai termini della licenza Creative Commons Attribuzione 3.0 Unported*

Nadia Toffa, inviata e conduttrice delle Iene, rivelò di avere un tumore l’11 febbraio 2018. Da lì la ricerca quotidiana attraverso i social di riconoscimento identitario; perché di questo si è trattato: della ricerca di un nuovo riconoscimento identitario più legato all’interezza che alla parzialità tipica dei media.

Sappiamo che le basi identitarie si costituiscono e si sviluppano se la nostra espressione, qualsiasi essa sia, viene riconosciuta. La prima questione è quindi di ordine identitario. Ciò che dovrebbe essere normale, perché la malattia è anche, nella sua tragicità, normale, deve invece essere nascosta, rimossa o negata.

Il limite, come ciò che definisce per eccellenza la nostra umanità, deve essere escluso, in favore della performance, della tecnica e delle macchine chimiche che la scienza ci consegna come elisir di lunga vita. Certo, dire che è stata una fortuna l’essere colpita da un tumore può essere frainteso e soprattutto offensivo per i tanti che soffrono, per i tanti che per pudore o vergogna hanno preferito tacere, per i tanti che decidono di staccare la spina chimica perché troppo è il dolore. Ma se cerchiamo (ammetto, con grande sforzo) di tradurre quel “sentirsi fortunata” in una questione più generale, potremmo dire che in effetti ogni Krisis porta con sé l’occasione di cambiamenti e di nuove configurazioni e che il simbolo della morte può portare con sé anche la possibilità di nuove rinascite.

L’aver condiviso pubblicamente la sua malattia ci ha dato, oltre alla fatica di guardarla negli occhi (esposizione tutt’altro che facile se pensiamo, ad esempio, alla nascita del lettino nelle consultazioni psicoanalitiche ortodosse anche per salvaguardare l’eccesso di esposizione visiva dell’analista), l’opportunità e l’occasione di farcene carico, prenderci in carico una questione che riguarda tutti. In una intervista, fu chiesto a C. G Jung se ci sarebbe stata in futuro una terza guerra mondiale e lui rispose che dipendeva da quante persone individualmente sarebbero state in grado di farsi carico della propria ombra. La malattia, l’handicap, il diverso, l’informe sono tutte esperienze d’ombra (i lati indesiderati in noi) che non possono essere rimosse, semplicemente perché esistono e ci costituiscono come esseri umani. Quindi il primo grande merito di Nadia è stato ricordarci la bellezza come interezza e mai come parzialità edulcorata dalle tante fabbriche dei desideri impossibili e dei piaceri illimitati.

La paura può attenuarsi solo se sappiamo avvicinarci all’altro, al diverso, integrando la prospettiva dell’ombra che include necessariamente anche la malattia. Julia Kristeva, semiologa e linguista presso all’università di Parigi, parla spesso di tirannia della normalità. La seconda questione, tra le tante che si potrebbero affrontare, riguarda proprio la tirannia della normalità e la fatica d’essere semplicemente se stessi, e quindi anche diversi, e quindi anche malati nel caso di Nadia. La tirannia della normalità non può accettare le debolezze, le fragilità e le malattie, troppo difficili da normalizzare perché fuori campo e tutto sommato appartenenti agli scarti e alle code della curva gaussiana.

La tirannia della normalità non sa accettare la fiducia dell’altro, perché solo se c’è fiducia puoi parlare senza pudore e rimozioni. Freud usa il vocabolo Die Sham per indicare vergogna e pudore. Solo se essi vengono superati si può parlare liberamente vincendo le difese e attivando la fiducia nella verità e nella cura. La tirannia della normalità non sa che la bellezza non può che nascere da quegli scarti perché capace di trasformarli e trascenderli in esperienza, relazioni, comunioni, gruppi di appartenenza, primo tra tutti quello umano. L’esperienza condivisa di Nadia Toffa, tra le tante sfumature di possibili cure, ha rappresentato di certo l’incontro con la fragilità e ha fatto nascere nuovi mondi, nuovi linguaggi che abitano spesso solo sulle soglie e sui limiti, in quei luoghi capaci di mobilitare gli aspetti creativi di tutti noi.

Ivan Paterlini

 

[divider scroll_text=””]

*Diritti dell’immagine – tu sei libero:

  • di condividere – di copiare, distribuire e trasmettere quest’immagine
  • di modificare – di adattare l’immagine
Alle seguenti condizioni:

Attribuzione – Devi fornire i crediti appropriati, un collegamento alla licenza e indicare se sono state apportate modifiche. Puoi farlo in qualsiasi modo ragionevole, ma non in alcun modo che suggerisca che il licenziante approvi te o il tuo uso.
Fermo immagine ritagliato di intervista a Nadia Toffa rilasciata in licenza Creative Commons per Comune di Napoli – luminosità aumentata digitalmente
Data 9 maggio 2014
Fonte https://www.youtube.com/watch?v=RkNz43L4vew
Autore Comune di Napoli

Lascia un commento