Editoriale di Luca Valerio Fabj
Ellenberger ci ricorda nei suoi scritti come Hitler e i nazisti dal 1934 – data della loro presa di potere – al 1938, dopo l’occupazione di Vienna «[…] soppressero le società di psicoanalisi e di psicologia individuale e distrussero tutti i libri di Freud e Adler, come già avevano fatto in Germania» (Ellenberger 1970). Gli stessi libri furono fra quelli utilizzati come combustibile del rogo della civiltà occidentale che alimentò la famigerata “Notte dei Cristalli”, quando, contemporaneamente, in Germania, Austria e Cecoslovacchia fra il 9 e il 10 novembre 1938, tutti i testi considerati contrari alla scienza, politica e visione dell’uomo del regime nazista vennero dati alle fiamme e inceneriti. Da lì il fuoco della barbarie si estese a tutta l’Europa, sostenuto dal fanatismo della scienza, cultura e sociologia del pensiero unico di Adolf Hitler e dei suoi accoliti.
Per uno strano scherzo del destino (o forse no?) proprio nelle medesime date del mese di novembre di quest’anno il nuovo “Nazismo Scientifico” – nascosto sotto l’accattivante termine di “Bio Etica” – sferra il suo nuovo attacco contro la psicoanalisi dalle testate di La Repubblica e L’Espresso, ad opera di un Accademico a capo della nuova commissione di epurazione della “razza impura” delle teorie da essa considerate come pseudo o anti scientifiche, ovvero non “ariane” e come tali inutili e pericolose all’interesse del nuovo ordine mondiale del “Reichstag” indiscutibile e supremo della certezza scientifica.
Secondo queste nuove “camicie brune” dello scientismo supremo, la psicoanalisi sarebbe una pseudoscienza paragonabile all’omeopatia, del tutto inefficace nella cura dei disturbi psichici, basata su una teoria frutto della fantasia di Freud, il quale credeva a cose inesistenti come l’Es, l’Io e il Super Io, ed esercitata da furbeschi pseudo-professionisti che si approfittano dei poveri e ignari pazienti facendo loro credere che le terapie abbiano un valore curativo, mentre in realtà servono solo a spillar loro quattrini, e ciò è dimostrato dal fatto che (sic!) se un paziente è veramente grave il professionista in questione gli somministra farmaci, altro che perdere tempo con la “terapia della parola”!
[…continua nel numero di dicembre 2019]